Pratica per rompere il silenzio
Crescendo in Iran, ogni singolo giorno al posto di blocco della scuola, abbiamo dovuto dimostrare che stiamo seguendo le regole; niente trucco, niente smalto, indossare la nostra uniforme e coprirci la testa e le mani…. non erano ammesse nemmeno scarpe colorate e zaini.
Sono stato io quello attento che si è presentato seguendo quante più regole possibili per superare i checkpoint. Nella mia mente ingenua, pensavo che seguire le regole fosse meglio che reagire e mettersi nei guai. Non volevo essere sgridato, mandato nell'ufficio del preside o espulso.
eppure, ogni singolo giorno vedevo ragazze che avrebbero combattuto contro quelle regole e si sarebbero messe nei guai.
Ora so che il sistema è stato progettato in modo da insegnarci a rimanere in silenzio, per farci il lavaggio del cervello che la nostra voce, la nostra scelta e il nostro rifiuto potrebbero metterci nei guai.
Oggi vedo che insegnare ai bambini fin dalla tenera età ad adattarsi e rimanere in silenzio è un atto di oppressione, sta piantando i semi della paura, della mancanza di voce e dell'auto-tradimento fin dalla giovane età.
Qual'è la soluzione? esercitandoci a usare le nostre voci e rompere il silenzio.
“Le persone e i sistemi contano sul nostro silenzio per mantenerci dove siamo”. Luvvie Ajayi Jones, scrittrice e relatrice, condivide sul palco. Invita tutti a rompere il silenzio e parlare di ingiustizia e chiedere un cambiamento... ognuno di noi potrebbe essere il domino.
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